C’era una volta Canicattì in Serie B2, la Gaudium era una delle società più ambiziose dell’Isola e puntava a consolidare ancora la propria posizione già forte. Scesa in C1, la società è rimasta alla ribalta fino al 2012, poi s’è consorziata con la Mura e nel giro di un anno è scomparsa. Chi credeva ancora nel basket in città erano Giancarlo Cigna, già deus ex machina della Mura, e Beto Manzo, il playmaker-allenatore protagonista delle pagine più belle della storia recente canicattinese. Dal loro incontro è nata la Virtus che oggi è seconda nel girone occidentale di Serie D e ha un’attività giovanile senza precedenti in città.
«Il campionato di Serie D – spiega Manzo, 39 anni e una passione smisurata – è diviso in due. Con noi, Gela, Torrenova e Balestrate puntano agli spareggi per la Serie C, le altre rimangono indietro. Alla prima giornata, abbiamo perso a Balestrate, ma siamo stati anche noi in vantaggio: hanno fatto la differenza l’inesperienza e il fatto che fosse la prima partita, senza amichevoli precedenti. Contro Gela abbiamo giocato bene, siamo andati avanti nell’ultimo periodo, ma alla fine tra azioni e tiri liberi abbiamo perso di 5».
Come risponde la squadra?
«Abbiamo costruito un roster per fare bene. L’inizio non è stato facile, perché il mio modo di fare pallacanestro, secondo la scuola argentina (simile a quella slava), è molto duro: ci alleniamo il più possibile e prepariamo le partite in una certa maniera. Alcuni non erano abituati neanche al livello mentale, ma ora sono entrati nell’ottica che facciamo pallacanestro nel modo giusto. È arrivato Festino, che conosceva già tutti e non ha avuto problemi con l’ambiente: era un po’ indietro a causa di un infortunio e dell’intervento, ora sta entrando in forma ma non è facile a una certa età. Ha buona volontà ed è un giocatore fuori categoria. Qualcuno però ha avuto degli impegni extracestistici e sarà meno presente, così il gm e ds Giancarlo Cigna ha chiamato Guglielmo La Marca, ex Licata. Tra i giovani, sta rispondendo alla grande Marco Uca, un ’99 che è cresciuto da noi e ha appena fatto 15 anni».
Siete pronti per lo scontro diretto di domenica contro Balestrate?
«All’andata abbiamo perso una partita condotta per 30’, è rimasto il sapore amaro e i ragazzi vogliono riscattare quella partita, potevamo condurla meglio. Dal più piccolo al più grande abbiamo la motivazione giusta per affrontare il girone di ritorno».
Quali sono le prospettive per il futuro?
«Giancarlo Cigna sta facendo un grande lavoro. Non abbiamo molte risorse economiche, eppure il roster è molto competitivo. In B2 c’erano 800-1000 persone al palazzetto, ora ci siamo trasferiti al vecchio palasport, che da quattro anni gestisco con la mia società, l’Athletic Sport, ed è diventato un gioiellino. Dopo un anno di lavoro in silenzio, ripartendo daccapo, sono tornate 400 persone a vederci. Ci stiamo allargando ai paesi vicini, per reclutare bimbi del minibasket in altri centri, come Racalmuto, Naro e Delia. L’ambiente è tornato alla grande, ripagando i sacrifici. Cigna sta facendo l’impossibile per riprendere l’ambiente e coinvolgere gli sponsor: è riuscito a creare una realtà che sta con i piedi per terra, cercando di fare meglio».
Il lavoro giovanile com’è strutturato?
«Vogliamo espanderci a tre centri di minibasket, crediamo che da lì si possa far qualcosa. A Canicattì non si è fatto abbastanza per i giovani in passato, molti li abbiamo ripresi per i capelli. Oggi abbiamo 100 bimbi nel minibasket, più le U-13, 14, 15 e 17, non sono in tanti ad avere questi numeri. Siamo una realtà piccola, in provincia ad Agrigento e a Licata si lavora bene, ma sono società che lavorano da parecchi anni. Il nostro lavoro è cominciato solo quattro anni fa».
E il prossimo futuro?
«Dacché avevamo due squadre in C1, in un anno è crollato. Oggi, anche solo pensare di fare la B e C significa spendere migliaia di euro; abbiamo dunque preferito la D alla C2, se abbiamo la fortuna di arrivare fino agli spareggi ci ritroviamo comunque in C1 spendendo molto di meno. Se la FIP non dà una mano diventa difficile. Aspetteremo quei tre-quattro anni per avere i ragazzi per la prima squadra; abbiamo anche i prospetti del minibasket, come i gioiellini del 2004. E andiamo fieri di questo lavoro con i più piccoli!»
Roberto Quartarone