Intervista a Flavio Tranquillo che si racconta fra Eurolega ed educazione alla legalità
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- Categoria: Il Personaggio
- Creato Lunedì, 16 Luglio 2012 11:51
- Scritto da Chiara Borzì
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Ragusa, 15 lug. – Mattatore tra i giovani campers dell’Orange Camp di Ragusa ho incontrato Flavio Tranquillo, giornalista, scrittore, telecronista, voce storica insieme a Federico Buffa dei pomeriggi e le notti NBA trasmesse su Sky Sport.
Flavio Tranquillo, un personaggio a tutto tondo nel mondo della comunicazione. Telecronista, giornalista e scrittore che, come appare scritto in inglese sul tuo profilo Twitter, “odia la mafia”. Lo sport è probabilmente un metodo di riscatto per i ragazzi che vivono in società come quella siciliana, calabrese o campana che moralmente, socialmente ed economicamente vivono fortemente il fenomeno: in che modo lo sport e in particolare la pallacanestro possono, secondo te, rappresentare una vera occasione di riscatto per loro?
“Occasione di riscatto in quanto tale non lo so, perché dipende se per occasione di riscatto, presumo, si stia parlando di vivere in una realtà molto o parzialmente compromessa e uscirne tramite lo sport. Questo secondo me non è necessariamente cosi facile, dipende da una serie di fattori, però sono abbastanza sicuro che come veicolo di educazione alla legalità, per legalità non intendo solo il rispetto delle regole ma qualcosa di più ampio, lo sport sia il veicolo più potente in assoluto. E’ la prima cosa che ti mette di fronte a delle regole, non è un caso che Don Pino Puglisi facesse giocare a calcio i suoi ragazzi a Brancaccio e per spiegargli cos’erano le regole diceva: “giocate a calcio e fate come volete, usate anche le mani”, risvegliando il senso delle regole anche nei figli dei mafiosi che sapevano di non poter giocare a calcio con le mani. Persino loro capivano ne capivano il senso, quindi, vedo lo sport sicuramente come un veicolo alla legalità. Poi ci possono essere delle situazioni sul territorio in cui diventa un grande centro di aggregazione, ma io affronterei il problema innanzitutto guardando alle piccole cose. Dobbiamo tutti educarci alla legalità e lo sport è quello che può farlo molto bene”.
Due anni fa hai presentato anche qui all’Orange Camp il tuo libro sul tema della mafia. Hai altri progetti sullo stesso punto di vista?
“In realtà il libro è stato più una scusa per continuare a studiare l’argomento e poterne parlare in giro per l’Italia. Da Pordenone a Cefalù, da Palermo a Milano e altri posti che questo momento non mi vengono in mente, saremmo stati in 60 o 70 posti a parlar del libro, più che altro a parlare dei temi del libro. Piacerebbe sia a me che al giudice Conte fare un bis, magari cercando di partire dal parallelismo tra sport e legalità, partendo dal presupposto che questa è una partita a tutti gli effetti, però una partita particolare in cui quelli che non giocano, anche se non si schierano con una delle due squadre, non giocando sono automaticamente da iscrivere a referto con la squadra della quale io vorrei non vestire la maglia. E quindi l’idea, ma è veramente un bozzolo al momento del libro o del lavoro, potrebbe essere come convincere a mettere la nostra maglietta il maggior numero di persone possibili”.
Parlando della tua attività da telecronista, tutti sanno quanto la tua voce sia importante insieme a quella di Federico Buffa nelle cronache delle partite NBA. Spiegaci qual è la ricetta del lavorare insieme per 30 anni, se c’è una caratteristica o un metodo da seguire in particolare.
“Non ci sono caratteristiche ma, ti dico, di sicuro nessuno di noi due si è mai messo a tavolino e ha detto proviamo la formula per fare delle cose piuttosto che altre. Abbiamo sempre fatto quello che ci veniva in mente, il che non si significa che naturalmente non notiamo, senza dovercelo dire, che ci sono cose che funzionano più o altre di meno. Cerchiamo di scartare quella che ci sembra non funzioni e andare avanti su quelle che sembra funzionare. Non inventiamo, semplicemente ci divertiamo”.
Quest’estate insieme a Ettore Messina e Luigi Lamonica sei andato a Barcellona per il Rules Summit e con loro sei stato un rappresentante importante per il nostro paese. Secondo te quest’incontro nasce dall’esigenza dell’Eurolega di rinnovarsi? Quali sono le novità che possiamo aspettarci nella prossima stagione?
“Sicuramente l’Eurolega ha voluto chiamare persone di varie estrazioni e di vari background per cercare in qualche maniera di sviluppare le proprie regole e di renderle più vicine a quello che sono due sostanziali criteri: quello di maggiore equità nelle regole e la maggiore spettacolarità e chiarezza del gioco. Quello che ne verrà fuori non lo so, però è stato affascinante per due giorni parlare con arbitri, responsabili degli arbitri, allenatori, giocatori, dirigenti di società, dirigenti di leghe e quindi tutti grandi amanti della pallacanestro, ma tutti da una prospettiva diversa, e vedere anche un po’ la fatica di fare le regole. C’è un lavoro bellissimo sul maresciallo che ha protetto sino all’ultimo Giorgio Ambrosoli, Silvio Novembre, che s’intitola “La fatica della legalità” e dall’idea di quanto la legalità sia faticosa e faticosa anche da metter in un campo da basket. Tutti hanno con il massimo del buon senso e la competenza del far bene, una diversa idea di legalità, trovarne una sola è tutt’altro che banale”.
Chiara Borzì
Twitter:@ChiaraBorzi